Il problema con cui i turisti hanno sempre dovuto fare i conti nel venire in Italia è quello della lingua. Tanto per cominciare perché l’italiano non è una lingua che si studia poi molto all’estero, benché bisogna dire che abbia sempre un certo fascino sui popoli di tutto il mondo; la nostra è una lingua che piace molto ma che in pratica serve a ben poco, vuoi perché non siamo un paese pieno di opportunità, vuoi perché è parlata solo da noi.
Caratteristica dell’italiano, al contrario di altre lingue europee come il francese, lo spagnolo, il portoghese e l’inglese, è che in pratica si parla sono nella nazione d’origine. A voler essere proprio pignoli si parla anche in Svizzera, nel Canton Ticino, e nell’Isola di Malata, dove è lingua riconosciuta da statuto. In termini di numero svolge un ruolo importante, ma senza riconoscimento, anche in Albania e Argentina. Una diffusione praticamente inesistente se paragonata a quella delle grandi protagoniste del colonialismo dei due secoli precedenti.
Oltre a questo, si aggiunge la non proprio proverbiale bravura di noi mediterranei con l’inglese. Anche se negli ultimi anni le cose stanno cambiando e le nuove generazioni si rivelano una piacevole sorpresa per i turisti che cercano di comunicare con noi, ancora non possiamo considerarci un paese “English friendly”. Siamo un paese di anziani e il nostro livello di inglese deve ancora migliorare parecchio.
Tanto per cominciare potremmo distinguere qual è la lingua di partenza, cioè qual è la sua lingua madre. Questo perché non esiste una lingua in assoluto più difficile di un’altra: ognuno trova difficile la lingua più lontana e diversa dalla propria. Per questo un parlante di lingua neolatina avrà meno difficoltà di chi parla finlandese o vietnamita. In questo senso, spagnoli e portoghesi sono certamente avvantaggiati nell’imparare l’italiano. A questi il suggerimento è di immergersi il più possibile nella vita quotidiana del nostro paese, volendo anche senza alcuna base teorica, e scopriranno di capire molto più di quanto credessero, anche senza avere mai sentito parlare italiano in vita loro.
A proposito di immersione nella vita quotidiana, una buona idea per cominciare a imparare la lingua italica è scegliere un posto geograficamente adeguato. Difficilmente vivendo in un piccolo villaggio di pescatori nel Sud Italia si riuscirà a imparare bene la lingua. Stessa cosa vale per il piccolo paesino di montagna nel Nord, sia chiaro. La cosa migliore sarebbe venire a vivere qui cominciando da una grande città, tenendo presente che più vicini a Firenze e meglio è. I grandi centri urbani del centro italia sono quelli in cui l’italiano standard è più diffuso, d’altronde da noi c’è un detto che descrive la lingua di Dante come “lingua toscana in bocca romana”.
Per un giovane io consiglio Roma, che non solo è la capitale e la città più popolosa, è anche tra quelle in cui il dialetto non è quasi mai intelligibile. In pratica se uno straniero impara l’italiano, che so, a Palermo, c’è il rischio che impari anche espressioni che nel resto del paese nessuno capisce, mentre a Roma questa eventualità è molto più remota. Il romano si distacca molto poco dall’italiano. In più, Roma è ricca di vita (anche notturna) il che la rende perfetta per i giovani, che non avranno difficoltà a fare amicizia con altri expat come loro e avere un gruppo di amici affiatati. Per uno studente può essere difficile fare amicizia con i locali — io consiglio sempre di partecipare il più possibile ai cosiddetti language exchange: si pratica la lingua, si fa amicizia, e qualche volta sboccia anche un amore.